Un post per raccontare le emozioni vissute dalla nostra Regina delle maratone...
Alla fine della maratona di Valencia avevo cominciato a scrivere le mie emozioni per raccontarle agli altri, ma non le ho mai inviate; anche questa volta ho lasciato passare una settimana prima di trovare il momento giusto per esternare l’insieme di emozioni che un “viaggio” come una maratona può provocare.
Questa mattina, grazie ai potenti mezzi del web ho fatto vedere qui a Treviso a mamma le foto e il filmato di Roma, e le foto di Valencia.
I miei arrivi con “la bandiera”.
A Valencia ero partita con molte perplessità: il venerdì era stata una giornata un po’ difficile: lasciare da soli Riccardo e Chelsy, non andare a far compagnia il sabato a mamma, non portare in villa Greg, e tutte quelle cose per le quali noi donne tendiamo a rinunciare a cose che soddisfino solo il nostro piacere.
E poi la preparazione, dal punto di vista fisico, ero stata attenta a fare, come dice Ivo, almeno 50 km alla settimana, ma senza seguire un programma serio. Un solo lungo di circa 30 km e qualche mezza maratona. Mi ero posta come obiettivo di stare sotto le 4 ore e trenta e quindi 9,5 km all’ora ma non ero sicura sulla mia capacità di tenere la velocità costante.
Alle 5 di pomeriggio, dopo aver un po’ corso con Greg in villa, Riccardo ci porta all’aeroporto dove incontriamo Ivo con il gruppo di Velletri, Filippo, Luigi, Fabrizio e Daniela e dove dopo un po’ ci raggiunse la nostra reporter Marina.
Man mano che passa il tempo la tensione cala e mi sento sempre più “in vacanza”e pronta a pregustarmi quei momenti associati alla corsa che mischiati tra cibo e buon vino rendono queste occasioni momenti unici di piacevole amicizia.
E poi Valencia, le previsioni davano bel tempo per il sabato, pioggia domenica, e invece io rimango colpita dalla luce, è veramente speciale, da l’impressione di illuminare molto di più del solito anche se attenua i colori. Ivo ogni tanto mi prende in giro, mi dice qui siamo tutti del Velletri e della Tusculum, tu che centri? Ma lui non lo sa, non sono sola, mi arrivano dei messaggini molto speciali Jackie, Teresa, Ivana, Anne Marie il presidente…..
Nel pomeriggio comincio a preoccuparmi, ma il presidente a cui invio un sms dubbioso mi rassicura e mi manda il messaggio: “in hoc signo vinces!”.
La Bandiera!!!!!!!!!!: Come la porto? Provo ad infilarla nella tasca dei pantaloni, non entra. Me la rotolo intorno alla vita, non ci si riesce, la metto dentro i calzini: si perde. Idea: sacchettino di panno arancione da legare al polso dove inserire oltre alla bandiera anche l’IPOD. Ottima idea.
Se funziona la proporrò al presidente. Provo, da fastidio. Nuova idea: me la lego ai pantaloni con degli aghi da balia. Perfetto. Carlo mi guarda molto perplesso, non discute sulla bandiera diventata ormai la mia coperta di Linus, ma su come sto ipotizzando di portarla.
Si parte. 300 metri, il dondolare del sacchettino di panno causato dal naturale movimento della corsa, apre gli aghi che iniziano a pungere. Prendo il sacchettino in mano e medito sul da farsi, tenerlo in mano per 40 km è piuttosto disagevole, al 10° km incontro Marina gliela do’ ricordando di ridarmela al 31°, nostro ultimo appuntamento.
La maratona di Valencia, non è bella, non si corre in città come a Roma, Venezia e Firenze, più volte si incrociano i percorsi e si corre con i più bravi, ma io devo arrivare, ho la bandiera, una missione da compiere... Al 31° incontro Marina, mi ridà la bandiera che tengo in mano senza sacchetto. Percorro i rimanenti 11 km con l’IPOD che non funziona in una mano e la bandiera a darmi forza nell’altra. L’arrivo nello stadio, apro la bandiera e mi viene da piangere, io questa volta avevo una marcia in più.
Roma, anche questa volta la partenza è difficile, una settimana prima la febbre, una debolezza infinita, la tosse. Tutti mi sconsigliano di farla ma per fortuna c’è maestro one che mi incoraggia e anche mi cazzia… Carlo mi dice di essere cauta, ha corso Valencia con la febbre e non si è ancora ripreso, pensa di percorrerne solo un pezzo.
La mattina appuntamento per la foto, Carlo vorrebbe partire più tardi ma si sacrifica, alle 7,30 io ho la foto ed è la foto della Maratona di Roma. So che sarà difficile, ma io ho due marce in più: la bandiera e Ivana che oltre a portare la bandiera nel suo marsupio dal 27 km mi permetterà di trasferire su di lei parte delle mie ansie.
Vicino all’arrivo ho un altro appuntamento, il presidente mi dovrebbe dare un palloncino arancione da liberare dopo il traguardo.
Mi piacerebbe stare sotto le 4,30 come Valencia, ma sono pronta ad accettare tutto, mi hanno detto che Roma è difficile e in più ho paura dei miei limiti. Prima mezza 2,10 ma durante il percorso ci sono stati dei momenti in cui ho avuto paura di andare troppo forte, il cardio non mi ha aiutato a trovare il mio ritmo, al 12° incontro Ivana che mi ha affiancato fino al 15°, nel suo marsupio aperto avevo intravisto il “signum” per cui mi era comunque chiaro che non potevo mollare. Seconda parte, mi monta la paura della crisi, rallento, ho i crampi alle dita dei piedi ma sono più che sopportabili, ho solo paura della crisi dopo il 26° quando incontro Ivana glielo dico ma lei mi incoraggia, dal 15 fino al 30 c’è anche il mio “amico” Riccardo che ci segue in bicicletta, mi sorride e mi incita.
Ci superano i palloncini del 4,30, non me lo aspettavo ma non ho “la testa” per ripartire, ho paura che la febbre della settimana prima mi presenti il conto. Incontriamo Grazia, Daniela, la moglie di Nando, il marito di Mirella, Alberto, Luigi e i genitori di Andrea… Circo massimo, ora non ho più paura le forze ci sono, cerco Fausto non lo vedo, capisco che sarebbe stato comunque complicato, ma la bandiera c’è. Ivana me la passa, mi prende lo stesso nodo in gola di Valencia. Anche questa avventura si è conclusa, e vedo Carlo ad aspettarmi, è la prima maratona che mi vede arrivare e glielo rinfaccio sempre. Ha corso tutta la maratona con Massimiliano, è soddisfatto, non si era dato target di tempi e già percorrerla tutta è stato cogliere un obiettivo. C’è Alessia come mi aveva promesso. Ci facciamo le foto con Carlo, con Ivana, con uno straniero ma il Segnum è li a testimoniare che la squadra c’è, anche quando si è soli come a Valencia o in tanti come a Roma: Ti dice che c’è un gruppo che ti capisce, che ti sostiene e incoraggia e ti stimola a migliorare.
A proposito maestro one come si deve gestire la paura? Mi aiuti a capire qual è il punto giusto oltre al quale non si puo’ osare ma fino a dove si può arrivare? Lo vuole sapere anche Ivana
Fausto il prossimo anno ci organizziamo con i palloncini? Ciao a tutti e grazie di avermi accolto così calorosamente tra voi.
Regina

